Uno dei sequestri, al mercato ittico di Torino, da parte degli ispettori dell’Asl inviati dal procuratore Raffaele Guariniello di ben 1200 chili di alici, pronte per essere vendute a pescherie e ristoranti, provenienti da un'intera partita pescata nel mar Adriatico, fa venir fuori un grosso problema relativo alla vendita e al consumo di pesce crudo. Nelle alici sequestrate è stata infatti riscontrata la presenza di larve “vive e vitali” di Anisakis (larve presenti sul pesce di acqua salata o larve di Opistorkis se parliamo di pesce di acqua dolce).
Dopo aver disposto il sequestro la procura ha aperto anche un fascicolo ipotizzando il reato di commercio di prodotti nocivi per la salute, anche perché larve di Anisakis, sempre nelle alici, erano state già scoperte alcune settimane precedenti il sequestro, nel pesce fresco venduto da Eataly, il supermercato di alta qualità vicino al Lingotto.
L’Anisakis è un parassita, appartenente alla famiglia dei nematodi, che vive nello stomaco dei mammiferi marini.
Le specie di Anisakis svolgono il loro ciclo biologico in ambiente marino. Le uova vengono rilasciate in acqua attraverso le feci dei mammiferi marini. Subito dopo la schiusa vengono ingeriti dal primo ospite intermedio, un crostaceo, che a sua volta viene ingerito dal secondo ospite intermedio, o paratonico (cioè in cui il parassita non può svilupparsi e crescere) che è il pesce, per poi chiudere il suo ciclo biologico ritornando al suo ospite definitivo (mammiferi marini), dove completa il suo sviluppo. L’uomo si infesta se mangia pesce crudo o poco cotto che contiene al suo interno larve di Anisakis. Questo parassita può provocare disturbi gastroenterici quali dolori addominali, vomito, diarrea e nei casi più gravi, addirittura provocare la perforazione dello stomaco o dell'intestino.
Il consumo di pesce crudo anche nel nostro paese ha avuto negli ultimi anni una crescita enorme e sta diventando una vera e propria abitudine, ma se non cominciamo da subito a sostenere la necessità di una legge che disciplini in modo chiaro la materia prevedendo anche delle aspre sanzioni corriamo il rischio di avere delle brutte sorprese…
L’offerta di pesce crudo, mutuata dalla tradizione alimentare della cucina nipponica, famosa in particolare per sushi e sashimi, che ormai viene somministrato nei ristoranti, nei sushi bar e nei gazebo nelle spiagge fronte mare è ormai in forte espansione nel nostro paese. Anche in Italia, in verità, ci sono alcune preparazioni tipiche della nostra cucina che prevedono l’utilizzo di pesce crudo tipo le alici o acciughe marinate, preparate con alici decapitate, eviscerate e diliscate trattate con liquido di marinatura acido (limone, aceto) e condite con olio, sale o aromi; il carpaccio (termine usato alquanto impropriamente per il pesce visto che quando si parla di carpaccio dovrebbe sempre intendersi quello di manzo) generalmente di vari pesci, realizzato con pesce in fette molto sottili presentate al consumatore condite con emulsione di olio e limone, sale e varie guarnizioni, insalate ecc.
I problemi microbiologici legati alla contaminazione primaria del pesce e alla contaminazione secondaria dovuta alla manipolazione, e quelli parassitologici, legati alla possibile presenza di parassiti nella massa muscolare del pesce che, senza trattamento termico, restano vitali e vengono ingeriti dal consumatore sono reali e da non sottovalutare nella maniera più assoluta.
Focalizziamoci quindi sul problema dei parassiti e sulle necessarie procedure di sicurezza alimentare.
I parassiti più frequenti nei pesci freschi sono quelli appartenenti al genere Anisakis. Come già detto sopra si tratta di alcune specie di nematodi della famiglia Anisakidae il cui ciclo naturale si svolge tra mammiferi marini, minuscoli crostacei (krill) e pesci. Nel pesce l’Anisakis è al terzo stadio larvale, e viene eliminato con l’eviscerazione. Se l’eviscerazione non avviene dopo poco tempo che il pesce è stato pescato, la minuscola larva si trasferisce nel tessuto muscolare e, costituendo quest’ultimo la parte edule, quella commestibile che viene ingerita dall’uomo, la larva arriva alle mucose dello stomaco e all’intestino. I sintomi intestinali si manifestano, con dolori addominali, diarrea, vomito, nausea, questi parassiti possono provocare la perforazione delle pareti di tali organi, ulcerazioni da rimuovere chirurgicamente e in alcuni casi possono causare anche la morte dell’individuo.
Tra le specie ittiche più soggette ad infestazione da Anisakis possiamo ricordare l’alice o acciuga, la sardina, lo sgombro, l’aringa, il tracuro, il pesce spatola, il merluzzo o nasello, le triglie, il branzino o spigola, i tonni.
Nel nostro continente, i primi casi oggetto di studio risalgono agli anni ‘50-‘60, riferiti all’uso olandese di consumare aringhe crude dopo una leggera salagione (con sale a meno del 15%), la malattia è oggi in aumento. In Italia il problema è addirittura sottovalutato e non di poco, molti casi di tumori e ulcere o di strane patologie non hanno convinto medici ed esperti del settore e hanno fatto ipotizzare che l’utilizzo di pesce crudo ne potesse essere la causa. Non vanno trascurate neppure alcune forme di allergie provocate dal pesce infestato, a volte anche per ingestione di larve morte, con riniti, congiuntiviti, orticaria, asma, angioedema, fino allo shock anafilattico.
A seguito di un’indagine svolta dall’associazione Altroconsumo, che ne ha comunicato i risultati in una nota del 24 febbraio 2009, è intervenuta la Direzione Generale della Sicurezza degli Alimenti e della Nutrizione con la nota 6709-P-11/03/2009 DGSAN. Dall’indagine è scaturito che su 19 ristoranti sottoposti a controlli dei NAS ben 16 (tra Roma e Milano) non hanno rispettato la legge che prevede la surgelazione del pesce.
Il Regolamento (CE) n. 853/2004, nell’Allegato III, sezione VIII, capitolo III, lettera D, stabilisce che “i prodotti ittici di seguito precisati devono essere congelati a una temperatura almeno a –20°C in ogni parte della massa per almeno 24/48 ore” e conclude affermando che “il trattamento dev’essere eseguito sul prodotto crudo o sul prodotto finito”. Si deve tener presente però che tale trattamento ha solo uno scopo preventivo e quindi non serve a niente per il pesce manifestamente infestato: infatti, quest’ultimo, a seguito di controllo visivo a cui l’operatore è tenuto, non dev’essere messo in commercio. I prodotti per i quali tale trattamento è obbligatorio sono: i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi; aringhe, sgombri, spratti e salmone selvatico destinati all’affumicatura a freddo (inferiore a 60°C); i prodotti della pesca marinati e/o salati se il trattamento praticato non garantisce la distruzione delle larve di nematodi. Tale obbligo era già stabilito in Italia dall’Ordinanza del Ministero della Sanità 12 maggio 1992, e poi dal capitolo IV, paragrafo V, del DLgs n. 531/1992 attuativo della Direttiva 91/493/CEE.
Si ha esenzione dal trattamento solamente su autorizzazione dell’autorità competente nel caso in cui la zona di pesca d’origine, secondo i dati epidemiologici disponibili, non presenti rischi sanitari da presenza di parassiti, non è il caso del Mar Mediterraneo, ove i parassiti del genere Anisakis e più in generale della famiglia Anisakidae risultano presenti con tassi anche elevati in numerose specie. In pratica, quindi, il ristoratore, lo chef e il gastronomo sono tenuti a congelare il pesce costituente la materia prima per le proprie preparazioni destinate al consumo a crudo, o alternativamente congelare il prodotto finito pronto per la somministrazione. Il congelamento non è necessario per la preparazione di acciughe salate secondo l’uso mediterraneo, perché il cloruro di sodio sia utilizzato in quantità elevata e per un periodo di trattamento superiore a un mese. Per la devitalizzazione delle larve sono considerati sufficienti valori di concentrazione salina (NaCl) superiore al 15% per almeno 28 giorni, anche se c’è chi ritiene efficace l’8% di NaCl per almeno 7 giorni.
In alternativa si può ricorrere anche ad un trattamento termico a temperatura superiore a +65°C per almeno 10 minuti.
Va detto poi che il pesce crudo sottoposto a preventivo congelamento a –20°C per almeno 24/48 ore dev’essere accompagnato da un’attestazione del produttore dalla quale risulti il trattamento. Si ritiene che tale attestazione possa essere anche riportata nell’etichettatura della confezione, ed è consigliabile conservarla per un congruo periodo di tempo dopo il consumo, a disposizione per accertamenti eventualmente necessari (per esempio, in caso di malattia causata da parassiti). È esentato dall’attestazione il ristoratore che somministra il prodotto sottoposto al trattamento ai propri clienti (consumatori finali).
Il rischio di presenza di parassiti deve essere individuato, da parte degli operatori della ristorazione che intendono somministrare pesce crudo, nelle procedure basate sul sistema HACCP previste dall’Art. 5 del Regolamento (CE) n. 852/2004. Per controllare il rischio è necessario applicare, come si è visto, l’azione preventiva del congelamento, e tale fase è individuabile come punto critico di controllo (CCP); i limiti critici sono rappresentati dai valori di temperatura e tempo citati: –20°C, 24/48 ore. Si ritiene che non sia indispensabile procedere a misurazione della temperatura, come monitoraggio, ogni volta che si congela il pesce: infatti, è sufficiente impostare l’abbattitore di temperatura, o un congelatore dedicato, ad un valore costante non superiore a –20°C, ed effettuare prove periodiche di verifica, con termometro tarato, allo scopo di valutare se l’apparecchiatura sia in grado di garantire il mantenimento di tale condizione. Dovrà quindi essere documentata tale attività di verifica dell’apparecchiatura.
La somministrazione di pesce crudo non sottoposto al trattamento di cui sopra corrisponde al mancato rispetto dei “requisiti relativi ai parassiti” di cui all’Allegato III, sezione VIII, capitolo III, lettera D, del Regolamento (CE) n. 853/2004, in violazione dell’Art. 4, par. II, del Regolamento (CE) n. 852/2004. Tale violazione è prevista e sanzionata dall’Art. 6, comma 5, del Decreto Legislativo n. 193/2007: sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000, con facoltà di pagare in misura ridotta la somma di euro 2.000 secondo la procedura di cui alla Legge n. 689/1981. La mancanza di specifica procedura, sebbene in presenza di procedure basate sul sistema HACCP per le altre fasi, può essere ritenuta un’inadeguatezza e assoggettata al regime sanzionatorio di cui all’art. 6, che prevede la prescrizione con assegnazione di un congruo termine per l’esecuzione e la sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 6.000 (in misura ridotta: euro 2.000) in caso di mancata esecuzione accertata mediante successiva verifica.
La somministrazione di un alimento effettivamente invaso da parassiti integra la violazione dell’Art. 5, lettera d), della Legge 30 aprile 1962 n. 283 (vendita di alimento invaso da parassiti), punita dall’Art. 6 della stessa Legge con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da euro 30 a euro 30.987. Se i parassiti appartengono alle specie pericolose per l’uomo la violazione è quella dell’art. 444 del Codice Penale: chi detiene, distribuisce per la vendita o pone in vendita sostanze alimentari che, pur non essendo contraffatte o adulterate, risultano pericolose per la salute pubblica (come i pesci infestati da parassiti patogeni per l’uomo), è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, con possibile riduzione della pena da un terzo a un sesto se la violazione è stata commessa colposamente (fonti internet).
Conclusioni
Abbiamo visto che l’obbligo di surgelare/congelare il pesce esiste da più di 20 anni ed è regolato dalla comunità europea. L’intento è quello di garantire al cliente una soglia di sicurezza, la legge anche se con lieve entità punisce chi non vigila sulla qualità del prodotto e vieta la surgelazione sullo stesso se con aspetto visivo non accettabile e sicuro, il mio consiglio a tutti voi è di non abusare o non far finta di niente ma cerchiamo di sensibilizzare, ristoratori, chef e operatori nel settore. Non c’è da scherzare su tutto ciò. Questo mio intervento è mirato a migliorare la qualità del lavoro e la sicurezza e resto a vostra disposizione per eventuali chiarimenti e per fornirvi i più innovativi sistemi di sicurezza per elaborare prodotti marinati, affumicati e cotti temperature basse garantendo la massima sicurezza.