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La carne fa male. Smettiamo di mangiarla

Gregori Nalon • 1 novembre 2021

Questo è quello che da anni ci sentiamo dire. Ma ragioniamo assieme ad alta voce.

Ci dicono questo da un po’ di tempo, sempre più insistendo su salumi, insaccati ecc. ovviamente se parliamo di prodotti industriali sappiamo bene tutti che dentro ci sono insaporitori artificiali al gusto di prosciutto, di panna, di funghi, tartufo o altro, per non parlare di conservanti non proprio naturali, additivi pericolosi ecc.!
Tutto questo mirato ad allungare le scadenze, mentre gli artigiani macellai, lavorano con concetti diversi, usando sempre meno prodotti chimici soprattutto da quando si parla per legge di etichetta pulita.
Ovviamente chi fa salumi ed insaccati cotti deve garantire una sicurezza alimentare che spesso va pari passo con tecniche di cotture che da anni io utilizzo per tali produzioni senza usare additivi, conservanti e aromatizzanti artificiali. Non da trascurare assolutamente la carne fresca, allevata con cura e trattata con massima attenzione dai nostri macellai artigiani che da qualche anno dopo una adeguata formazione hanno cominciato a cucinare e trasformare in modo impeccabile quanto la natura gli ha donato, e io ne sono orgoglioso per aver trasmesso questi concetti dimostrando che l'utilizzo delle cotture BDC (a bassa densità di calore), il tempo di cottura, e una corretta conservazione si hanno risultati eccezionali senza utilizzo di additivi pericolosi se ingeriti in quantità costanti. Da sempre affermo che l’unico colorante che uso è quello del forno (tramite cottura) e l'unico conservante è il freddo del frigorifero con mantenitori di gestione dell'umidità e altro, oltre alle naturali tecniche di conservazione che da anni si utilizzano. Quello che deve farci pensare è che in tutto questo caos mediatico non si parla affatto dei prodotti già in commercio da oltre 5 anni su alimenti tipo: pane, focacce, preparati a base proteica, integratori proteici su merende, barrette ecc. con appunto aggiunte di proteine animali.
Ma quali? Beh ecco il via libera all'utilizzo di grilli, cavallette, insetti vari, larve e chi più ne ha, più ne metta. Quindi meglio un’ottima e sana carne con il giusto prezzo, mangiandola con gusto piuttosto che abbuffate di prodotti di indubbia provenienza creati per sfamare e non soddisfare.
E quindi, evviva i nostri macellai artigiani, evviva i contadini e chi ancora crede e lavora per dare qualità nelle nostre tavole.
Autore: Gregori Nalon 20 ott, 2024
La Cheesecake al cioccolato con granella di nocciole è un dolce ricco e avvolgente, perfetto per chi ama il cioccolato in tutte le sue forme. La base croccante di biscotti al cioccolato, arricchita da pezzetti di cioccolato fondente, crea un contrasto irresistibile con la morbidezza della crema al formaggio. Lo strato intermedio di cioccolato fondente fuso aggiunge una nota extra di croccantezza e intensità. La cheesecake è vellutata e cremosa, con il sapore deciso del cioccolato fondente bilanciato dalla dolcezza delle nocciole tritate. Il tocco finale di zucchero a velo dona un aspetto elegante e invitante. A breve la ricetta della Cheesecake al cioccolato con granella di cioccolato, strato croccante e nocciole.
Autore: Gregori Nalon 19 set, 2024
Il Campionato vuole far emergere l’identità di ogni luogo attraverso il piatto più rappresentativo. Un appuntamento che richiama chef, oste, cuochi, cesarine, food blogger, influencer, giornalisti ed appassionati dell’universo Pasta che hanno voglia di sfidarsi a colpi di matterello ed impasti per decretare il vincitore assoluto del “Campionato della Pasta fresca fatta a mano”. Armatevi di forchetta e/o cucchiaio e preparatevi ad affrontare un viaggio unico nel mondo della Pasta.
Autore: Maria Giovanna Labruna 19 set, 2024
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Autore: Redazione 19 set, 2024
Il Premio San Marco 2024 è andato allo chef Gregori Nalon di Camponogara, un piccolo paese in provincia di Venezia. Il motivo della scelta? Perché Nalon è un divulgatore della cucina locale e regionale ed è attivo nel campo della consulenza e dei corsi di formazioni per istituti alberghieri, scuole professionali, alberghi di lusso e ristoranti - anche stellati. Inventore del sugo “Serenissima” per condire la pasta speciale a forma di Leone di San Marco, lo chef, elogiato dal presidente della Regione Luca Zaia, ha voluto dedicare il premio ai suoi genitori, presenti all'evento, perché «senza di loro nulla sarebbe stato possibile». Premio San Marco 2024, la cerimonia di premiazione Teatro di questa premiazione, nel giorno della Festa della Liberazione e del patrono del capoluogo veneto, è stata la Sala del Maggior consiglio di Palazzo ducale. L'evento, promosso dall'amministrazione comunale, rende omaggio alle "eccellenze veneziane metropolitane", ai cittadini e agli enti che hanno portato prestigio alla città e a tutto il territorio metropolitano, con opere concrete nelle scienze, arti, industria e artigianato, lavoro, sport, scuola, sicurezza o con iniziative di carattere sociale, assistenziale, filantropico. Ad aprire la manifestazione le note del Coro del teatro La Fenice, diretto dal maestro Alfonso Caiani, che si è esibito con l'inno di Mameli e La Barcarola, tratta dai “Due Foscari” di Giuseppe Verdi. Molti i cittadini del Comune di Venezia che hanno ricevuto l'osella e la pergamena, tra cui spicca appunto lo chef Nalon.
Autore: Gregori Nalon 31 lug, 2023
.In questa nuovissima rubrica vi voglio incuriosire con le tendenze attuali e darvi consigli utili e pratici, cercando di spiegare nel miglior modo possibile una ricetta anche per rendere semplice e facile per tutti realizzare un piatto senza troppe regole, precisimi e tabù visto che la cucina è anche espressione di sensazioni soggettive, quindi spazio ai vostri istinti, alle vostre idee, ai vostri gusti e ai vostri personali dosaggi di spezie, aromi e sapori. Tra una stagione e l’altra spesso ci soffermiamo a pensare su come il nostro organismo reagirà ai cambiamenti climatici, a cosa può farci sentire meglio, a cosa potrebbe crearci dei problemi… Quello che più ci fa riflettere è il passaggio dalla primavera all’estate. La tendenza più o meno generalizzata a mangiare meno, più sano, più gustoso ma al tempo stesso più leggero ci porta a scoprire sempre nuove idee, nuovi cibi, nuovi gusti. Se pensiamo all’estate automaticamente pensiamo a cibi che ci fanno sentire leggeri, freschi e appagati. Girando in moltissimi locali tra una consulenza e l’altra mi sono reso conto che mai come quest’anno la tendenza è per le pietanze a base di cereali vari: dal riso, all’orzo, al farro, al grano saraceno, al kamut, all’avena e a tantissimi altri meno noti che ogni anno riscopriamo dai paesi d’oltreoceano. Si inizia quindi, a realizzare delle nuove proposte culinarie, abbinando i cereali al pesce, ai crostacei, alla carne bianca o magari esaltandoli con l’utilizzo di erbe e spezie, oppure cercando soluzioni affascinanti abbinandoli alla frutta. L’attuale momento storico e soprattutto economico ci stimola a riscoprire o reinventare piatti poveri, esaltandone le qualità. Tra i piatti più strani che ho mangiato è stato un misto di riso bianco parboiled e riso Venere nero, precedentemente bolliti in acqua salata e vaniglia, scolati e padellati con delle code di gambero, strisce sottili di seppia, pomodorini, pezzetti di avocado e conditi con polvere di fieno greco, peperoncino, menta fresca e zenzero. Sono rimasto colpito dalla spettacolare esplosione di sapori, consistenze e profumi particolarissimi, trattandosi essenzialmente di un piatto leggero, sano, gustoso e saporito. Ho provato subito a ripeterlo e ho ricavato una mia versione cercando di essere fedele all’originale. La propongo potrebbe interessarvi. Ingredienti: per quattro persone, g200 di riso Venere, g200 di riso parboiled, mezza bacca di vaniglia, 20 code di gambero nostrano, 2/3 seppie di piccola misura tagliate sottili, una decina di pomodorini tagliati, 1 avocado. Procedimento: Si fanno bollire i due tipi di riso separatamente con acqua, sale e la vaniglia, si scola il riso. In una padella si mette un po’ di olio extravergine, si tuffano le seppie ed i gamberi e si rosola e dopo alcuni minuti unite i pomodorini, salsa soia, pepe fresco a mulinello. Mettervi i risi cotti e padellare, unendo anche una cubettata di avocado, la menta fresca a pezzetti, una grattugiata di zenzero e una spolverata di fieno greco e peperoncino. Servite dopo qualche minuto, non troppo caldo.
Autore: Gregori Nalon 09 gen, 2023
Vegani, vegetariani o carnivori? Cari lettori oggi parlerò di vegano e vegetariano. Premetto che non sono né vegano e né vegetariano, questo non significa che l’utilizzo di carne, pesce ecc. sia esagerato. Non credo agli estremismi sia da una parte sia dall’altra, credo in una alimentazione equilibrata che contenga di tutto moderando cibo più difficile da assimilare e complesso perché troppo elaborato nella sua esecuzione. Se parliamo del mondo vegano, devo dire che è una filosofia, o pensiero di vita, che mi trova dissociato per alcuni aspetti, ma grazie a questa filosofia di pensiero, posso dire con tranquillità che molti nuovi alimenti si sono affacciati nella nostra cultura, e stanno entrando in modo deciso nella nostra alimentazione. Mi riferisco al Seitan, tofu, quinoa, amaranto, semi di lino, bulgur, verdure e spezie particolari, riscoprendo farro, orzo, riso (ovviamente in alcune zone Italiane si utilizza quotidianamente), e via altri alimenti. Per il concetto vegetariano, direi che siamo già più avanti per indice di gradimento. La cucina vegetariana è di gran lunga più ampia ti dà la possibilità di avere una dieta, ben diversificata, appunto con l’aggiunta di uova, latte, burro, yogurt, parmigiano, ecc. ovvero, derivati dagli animali. Come detto quindi in assoluto la dieta migliore è senza dubbio, quella che prevede l’aggiunta di carni e pesci limitandone il consumo (soprattutto carni rosse e grasse) per me indispensabili soprattutto per bambini e ragazzi in via di sviluppo. Su questa considerazione, vorrei aggiungere che da sempre lavoro di più come specializzato sulla ristrutturazione filosofica delle cotture, alleggerendo i soffritti, le cotture lunghe delle verdure, attenzione ai grassi cotti, oli esausti e così dicendo. Quindi, la logica conoscenza e cultura alimentare ci porta a capire e considerare che a volte un pezzetto di carne, pesce o altro, non fa male, a discapito di qualche verdurina dell’orto di casa biologica ma padellata per alcuni minuti a fuoco alto bruciando lo stesso nobile olio extravergine oltre che le verdure. Abbiamo quindi cura di ciò che cuciniamo e come lo cuciniamo. Cerchiamo di avere rispetto a quanto mangiamo e all’abuso di alcuni cibi non salutari (ogni tanto ci sta di uscire dagli schemi), perché di solito quello che fa male è l’esagerazione delle cose, non molti sanno ad esempio che anche bevendo troppa acqua si rischia moltissimo, quindi… attenzione, ragioniamo, siamo consapevoli e intelligenti nel decidere il nostro futuro, indipendentemente da ciò che mangiamo affidandoci a chi ci può dare i giusti consigli (medici, nutrizionisti ecc.) e affidandoci a chi come me può aiutarvi a cambiare completamente la filosofia delle cotture, la filosofia di come trattare gli alimenti, la loro conservazione rispettando sia loro che noi stessi. Gregori Nalon the Cooking strategist
Autore: Gregori Nalon 01 dic, 2022
Senza glutine, attenti alle contaminazioni. Celiachia e gluten free: Il glutine si trova in pane, pasta, biscotti, pizza e in ogni altro prodotto contenente grano tenero, grano duro, farro, segale, kamut, orzo e altri cereali minori. Mais e riso sono tra i pochi cereali a non contenere glutine. Questa proteina è però utilizzata nell’industria alimentare e può essere presente in vari prodotti anche a seguito di contaminazioni. L’unica terapia disponibile consiste in una dieta rigorosamente priva di glutine da seguire per tutta la vita. Per il professionista della ristorazione occorre seguire alcune regole base. Tra queste, evitare qualsiasi promiscuità tra i prodotti con e senza glutine, tra attrezzature e stoviglie per i due processi di lavorazione, prediligere i prodotti freschi a quelli conservati, prestare attenzione alla composizione di tutti gli alimenti poiché molti di questi possono contenere tracce di glutine. Infine attenersi alle indicazioni dell’AIC, che suddivide gli alimenti in permessi, a rischio o vietati, sulla base della loro natura, degli ingredienti e del processo di lavorazione. È un fenomeno in crescita quello delle persone affette da celiachia. Un fenomeno che impone ai ristoratori di elevare il livello di attenzione, in particolare per evitare le contaminazioni nei processi di preparazione delle pietanze. Il problema della contaminazione con glutine di cibi che ne sono privi è molto sentito e ancora oggi è vivo il dibattito su come “gestire” le informazioni che le conoscenze scientifiche ci forniscono. Qui di seguito un breve condensato di informazioni redatto con il supporto dei materiali prodotti dall’Associazione italiana Celiachia. Possiamo definire come contaminazione (accidentale) l’aggiunta involontaria di sostanza al prodotto alimentare/pasto causata da eventi accidentali o comunque non voluti e, pertanto, non controllabili. Normalmente le contaminazioni si esplicano in presenza di tracce della sostanza nel prodotto, con quantitativi al limite della rilevabilità strumentale (ppm o ppb). Le contaminazioni possono essere distinte in: - contaminazioni crociate (cross – contamination), definite come le possibili contaminazioni dovute agli “incroci” del prodotto senza glutine con quello con glutine lungo tutto il processo, dalle materie prime fino alla consegna al consumatore finale. - contaminazioni ambientali , definite come le possibili contaminazioni dovute a non corretti comportamenti da parte delle persone in fatto di igiene, e alle condizioni ambientali non perfettamente sotto controllo. Nel dare informazioni su questo argomento AIC (l’Associazione italiana celiachia) tiene conto delle fonti normative, nazionali ed internazionali; delle conoscenze scientifiche sui limiti di tossicità del glutine e sui consumi di alimenti senza glutine; del principio di precauzione sancito dall’Unione Europea. Inoltre, AIC differenzia il suo messaggio a seconda che sia rivolto ai celiaci e alle loro famiglie oppure agli operatori (produttori e ristoratori). La sicurezza degli alimenti. Il problema delle contaminazioni caratterizza in maniera trasversale la produzione di alimenti, sia nell’industria sia nella ristorazione. Nella preparazione di alimenti le possibili contaminazioni possono essere essenzialmente di tre tipologie: chimica, biologica e fisica. Ad esempio, gran parte delle procedure applicate nella produzione e conservazione degli alimenti sono finalizzate a evitare o comunque ridurre al di sotto di livelli accettabili la contaminazione e proliferazione di microorganismi (contaminazione microbiologica) che possono essere patogeni o comportare comunque una perdita o riduzione delle qualità organolettiche del prodotto alimentare. Le tecnologie di produzione, conservazione e controllo degli alimenti, così come la legislazione alimentare, mirano principalmente a mantenere la salubrità e qualità organolettica dei prodotti alimentari, riducendo, eliminando o evitando i rischi per la salute. Il Regolamento CE 178 del 2002 ha stabilito i principi cardine della legislazione alimentare, istituendo l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e stabilendo procedure nel campo della sicurezza alimentare (allegato V), nel suo Articolo 6 “Analisi del rischio”, ha sancito che “ai fini del conseguimento dell'obiettivo generale di un livello elevato di tutela della vita e della salute umana, la legislazione alimentare si basa sull'analisi del rischio”, che “la valutazione del rischio si basa sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente” e che “la gestione del rischio tiene conto dei risultati della valutazione del rischio e del principio di precauzione”.
Autore: Gregori Nalon 30 set, 2022
Molti sono i pregiudizi che i consumatori hanno riguardo al consumo delle uova, molti sono i dubbi su come utilizzarle, ci sono tante informazioni fornite da moltissimi nutrizionisti. Una delle cose più importanti e da non sottovalutare che mette tutti d’accordo è che l’uovo è l’alimento con un rapporto economico proteico dove tutti possono accedere. È VERO CHE… 1) L’uovo contiene molto fosforo, ma non vitamina C o vitamina E. 2) Non è consigliabile e prudente consumare uova di animali che frequentano stagni, e acque o ambienti inquinanti, possono contenere i germi della salmonella. 3) Se l’uovo in acqua tende a galleggiare da una sola estremità è consigliabile buttarlo. 4) Le uova più fresche sono quelle vendute in contenitori con la sigla EXTRA o EXTRA FRESCHE. 5) Il colore del rosso del tuorlo è determinato dall’alimentazione, da maggior granturco, vegetali colorati o mangimi con bilanciamenti integrati di coloranti. 6) Le uova sporche di sterco sono da eliminare. Infatti potrebbe essere contaminato anche il contenuto se presente da giorni. Appena raccolte vanno lavate accuratamente prima di conservarle. 7) La colina che è nel tuorlo, provoca delle moderate contrazioni della vescichetta biliare, quindi chi soffre di calcolosi biliare e colecistite dovrebbe restarne alla larga, o moderare l’uso. 8) Le proteine dell’uovo sono più equilibrate di quelle della carne, quindi più consigliabili. 9) L’albume è più digeribile cotto. 10) Il tuorlo è più digeribile crudo. 11) Si preferisce cuocere l’uovo affogato (in camicia) o alla coque per una corretta digestione e un apporto nutrizionale migliore. 12) L’uovo è indicato per i diabetici. Non contiene carboidrati. 13) L’albume montato a neve risulta più digeribile. 14) L’uovo essendo privo di acido urico è indicato per uricemici e gottosi. 15) Il tuorlo contiene molta vitamina A. 16) Il tuorlo contiene più proteine rispetto all’albume ma ha anche molti più grassi. 17) Le uova si possono conservare tranquillamente in frigorifero, anzi ne mantengono la conservabilità più a lungo. NON È VERO CHE … 1) Le uova sono tra glia alimenti responsabili del colesterolo: questo introdotto con l’alimentazione ha una scarsa influenza sul colesterolo che circola nel sangue, al quale si attribuisce l’arteriosclerosi. Se volete evitare il colesterolo eliminate al limite il tuorlo. L’albume infatti non ne contiene neanche un po'. 2) Il tuorlo più rosso o colorato è più nutriente. La composizione è sempre la stessa il colore è determinato dall’alimentazione e spesso da coloranti. 3) Non è vero che se l’uovo non è fresco di giornata va buttato. Se conservato in frigorifero può stare tranquillamente per moltissimi giorni. Pensate che il guscio protegge l’uovo dalle alterazioni molto di più di altri alimenti. 4) L’uovo con il guscio più colorato rispetto a quello bianco completamente sia migliore. Il colore infatti è determinato dalla razza della gallina e non influenza la composizione o qualità dell’uovo stesso. 5) Che le maionesi o salse a base di uovo più gialle siano migliori da quelle sbiadite. il colore infatti è determinato dal tipo di alimentazione. 6) Che per cuocere le uova in padella l’antiaderente garantisce la migliore cottura. Infatti i padellini di ferro sono i più indicati, se poi ci si mette del burro chiarificato si ha una reazione tra uovo, burro e ferro che danno una cottura all’uovo senza eguali. 7) Che l’uovo è poco digeribile (L’uovo alla coque infatti se ne va dal nostro corpo dopo quasi 2 ore come quello affogato. Quello sodo o fritto infatti ha lo stesso tempo di una carne bovina magra, che impiega quasi 3 ore. 8) Non è vero che l’uovo è un alimento completo. Infatti manca di carboidrati. 9) Non ne vero che bisogna mangiarne al massimo 1 alla settimana. Infatti se un soggetto è sano l’uso è fino a anche di 4/5 alla settimana anche più, perché se cotti bene sono ben digeribili e danno benefici nel bilancio alimentare. 10) Che fa male al fegato: l’uovo infatti non è controindicato per chi soffre di fegato perchè contiene colina e metionina due sostanze protettive per il fegato che favoriscono il metabolismo dei grassi.
30 lug, 2022
Oggi voglio parlarvi della qualità del cibo sia come la percepiamo sia come realmente viene capita. Spesso sentiamo parlare di prodotti naturali, di olio extravergine di oliva, di carni pregiate, pesci pescati ad amo, verdure naturali biologiche, farine 1-2, integrali, pasta speciale di grano duro, zuccheri non trattati e così via. Quelli che pochissimi fanno però è rispettare il cibo. Vedo persone usare in modo errato una griglia, una friggitrice, un forno. Temperature elevate, oli delle friggitrici non puliti e non filtrati, piastre roventi, eppure usano prodotti eccezionali, di altissima qualità. È doveroso, cominciare a capire che bisogna essere preparati su come cuocere, quanto cuocere, perché cuocere. Sono aspetti importantissimi, perché sono alla base della qualità di una riuscita di un piatto. Entriamo nel dettaglio. Pochissime persone utilizzano con logica un alimento, pochi lo sanno trattare come dovrebbe. Un esempio è quando facciamo un soffritto con l’olio extravergine d’oliva. Non serve a nulla vere un ottimo olio, se poi lo bruciamo, non serve a nulla condire le carni e poi metterle 20,30 minuti su griglie o forni a temperature altissime (già sopra i 200° alteriamo le caratteristiche e da antiossidante avrà l’effetto opposto). Avere un pesce pescato ad amo e bollirlo in acqua o in forni a vapore a 80°,90°,100°non ha nessun valore, abbiamo distrutto tutto, sia la morbidezza, sia la sua struttura organolettica e il sapore stesso. Ovviamente vale lo stesso discorso se quel pesce va messo in griglia o in forno a temperature alte per grigliarlo o rosolarlo e lasciato cuocere troppo a lungo sopra i 70° al cuore. Anche in questo caso abbiamo sbagliato la cottura e rovinato un prodotto eccellente. Se cuciniamo in modo scorretto un pezzo di carne non rispettando la sua struttura otterremo un risultato stopposo, asciutto e poco succulento. Anche il taglio della carne è un aspetto che valorizza la qualità del risultato finale. In questo caso mi riferisco ad una semplice tagliata di manzo. Se dopo cotta, la tagliamo in modo scorretto, avremo un prodotto molto tenace e di difficile masticazione. Stiamo capendo che rispettare l’alimento è la prima regola che dovrebbero insegnare nelle scuole o che dovrebbero divulgare nei programmi televisivi. Se pensiamo che in Cina, un cuoco prima di prendere il diploma deve fare un percorso di tre anni solo per imparare a conoscere e cucinare il riso. Nelle nostre scuole purtroppo fanno fatica ad insegnarti il giusto peso del sale in proporzione dell’acqua e della pasta che si cucina. Concludo con il dire che va benissimo avere un alimento di qualità ma tale lo è se lo rispettiamo. Non fermiamoci solo su un aspetto, ma andiamo a definire la nostra eccellenza con cotture lente, condimenti a crudo o con grassi adeguati alle temperature e insaporitori naturali (spezie, erbe aromatiche) e una conservazione impeccabile. “Conoscere un alimento diventa una necessità, uno stile e un mantra”.
Autore: Gregori Nalon 18 nov, 2021
Uno dei sequestri, al mercato ittico di Torino, da parte degli ispettori dell’Asl inviati dal procuratore Raffaele Guariniello di ben 1200 chili di alici, pronte per essere vendute a pescherie e ristoranti, provenienti da un'intera partita pescata nel mar Adriatico, fa venir fuori un grosso problema relativo alla vendita e al consumo di pesce crudo. Nelle alici sequestrate è stata infatti riscontrata la presenza di larve “vive e vitali” di Anisakis (larve presenti sul pesce di acqua salata o larve di Opistorkis se parliamo di pesce di acqua dolce). Dopo aver disposto il sequestro la procura ha aperto anche un fascicolo ipotizzando il reato di commercio di prodotti nocivi per la salute, anche perché larve di Anisakis, sempre nelle alici, erano state già scoperte alcune settimane precedenti il sequestro, nel pesce fresco venduto da Eataly, il supermercato di alta qualità vicino al Lingotto. L’Anisakis è un parassita, appartenente alla famiglia dei nematodi, che vive nello stomaco dei mammiferi marini. Le specie di Anisakis svolgono il loro ciclo biologico in ambiente marino. Le uova vengono rilasciate in acqua attraverso le feci dei mammiferi marini. Subito dopo la schiusa vengono ingeriti dal primo ospite intermedio, un crostaceo, che a sua volta viene ingerito dal secondo ospite intermedio, o paratonico (cioè in cui il parassita non può svilupparsi e crescere) che è il pesce, per poi chiudere il suo ciclo biologico ritornando al suo ospite definitivo (mammiferi marini), dove completa il suo sviluppo. L’uomo si infesta se mangia pesce crudo o poco cotto che contiene al suo interno larve di Anisakis. Questo parassita può provocare disturbi gastroenterici quali dolori addominali, vomito, diarrea e nei casi più gravi, addirittura provocare la perforazione dello stomaco o dell'intestino. Il consumo di pesce crudo anche nel nostro paese ha avuto negli ultimi anni una crescita enorme e sta diventando una vera e propria abitudine, ma se non cominciamo da subito a sostenere la necessità di una legge che disciplini in modo chiaro la materia prevedendo anche delle aspre sanzioni corriamo il rischio di avere delle brutte sorprese… L’offerta di pesce crudo, mutuata dalla tradizione alimentare della cucina nipponica, famosa in particolare per sushi e sashimi, che ormai viene somministrato nei ristoranti, nei sushi bar e nei gazebo nelle spiagge fronte mare è ormai in forte espansione nel nostro paese. Anche in Italia, in verità, ci sono alcune preparazioni tipiche della nostra cucina che prevedono l’utilizzo di pesce crudo tipo le alici o acciughe marinate, preparate con alici decapitate, eviscerate e diliscate trattate con liquido di marinatura acido (limone, aceto) e condite con olio, sale o aromi; il carpaccio (termine usato alquanto impropriamente per il pesce visto che quando si parla di carpaccio dovrebbe sempre intendersi quello di manzo) generalmente di vari pesci, realizzato con pesce in fette molto sottili presentate al consumatore condite con emulsione di olio e limone, sale e varie guarnizioni, insalate ecc. I problemi microbiologici legati alla contaminazione primaria del pesce e alla contaminazione secondaria dovuta alla manipolazione, e quelli parassitologici, legati alla possibile presenza di parassiti nella massa muscolare del pesce che, senza trattamento termico, restano vitali e vengono ingeriti dal consumatore sono reali e da non sottovalutare nella maniera più assoluta. Focalizziamoci quindi sul problema dei parassiti e sulle necessarie procedure di sicurezza alimentare. I parassiti più frequenti nei pesci freschi sono quelli appartenenti al genere Anisakis. Come già detto sopra si tratta di alcune specie di nematodi della famiglia Anisakidae il cui ciclo naturale si svolge tra mammiferi marini, minuscoli crostacei (krill) e pesci. Nel pesce l’Anisakis è al terzo stadio larvale, e viene eliminato con l’eviscerazione. Se l’eviscerazione non avviene dopo poco tempo che il pesce è stato pescato, la minuscola larva si trasferisce nel tessuto muscolare e, costituendo quest’ultimo la parte edule, quella commestibile che viene ingerita dall’uomo, la larva arriva alle mucose dello stomaco e all’intestino. I sintomi intestinali si manifestano, con dolori addominali, diarrea, vomito, nausea, questi parassiti possono provocare la perforazione delle pareti di tali organi, ulcerazioni da rimuovere chirurgicamente e in alcuni casi possono causare anche la morte dell’individuo. Tra le specie ittiche più soggette ad infestazione da Anisakis possiamo ricordare l’alice o acciuga, la sardina, lo sgombro, l’aringa, il tracuro, il pesce spatola, il merluzzo o nasello, le triglie, il branzino o spigola, i tonni. Nel nostro continente, i primi casi oggetto di studio risalgono agli anni ‘50-‘60, riferiti all’uso olandese di consumare aringhe crude dopo una leggera salagione (con sale a meno del 15%), la malattia è oggi in aumento. In Italia il problema è addirittura sottovalutato e non di poco, molti casi di tumori e ulcere o di strane patologie non hanno convinto medici ed esperti del settore e hanno fatto ipotizzare che l’utilizzo di pesce crudo ne potesse essere la causa. Non vanno trascurate neppure alcune forme di allergie provocate dal pesce infestato, a volte anche per ingestione di larve morte, con riniti, congiuntiviti, orticaria, asma, angioedema, fino allo shock anafilattico. A seguito di un’indagine svolta dall’associazione Altroconsumo, che ne ha comunicato i risultati in una nota del 24 febbraio 2009, è intervenuta la Direzione Generale della Sicurezza degli Alimenti e della Nutrizione con la nota 6709-P-11/03/2009 DGSAN. Dall’indagine è scaturito che su 19 ristoranti sottoposti a controlli dei NAS ben 16 (tra Roma e Milano) non hanno rispettato la legge che prevede la surgelazione del pesce. Il Regolamento (CE) n. 853/2004, nell’Allegato III, sezione VIII, capitolo III, lettera D, stabilisce che “i prodotti ittici di seguito precisati devono essere congelati a una temperatura almeno a –20°C in ogni parte della massa per almeno 24/48 ore” e conclude affermando che “il trattamento dev’essere eseguito sul prodotto crudo o sul prodotto finito”. Si deve tener presente però che tale trattamento ha solo uno scopo preventivo e quindi non serve a niente per il pesce manifestamente infestato: infatti, quest’ultimo, a seguito di controllo visivo a cui l’operatore è tenuto, non dev’essere messo in commercio. I prodotti per i quali tale trattamento è obbligatorio sono: i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi; aringhe, sgombri, spratti e salmone selvatico destinati all’affumicatura a freddo (inferiore a 60°C); i prodotti della pesca marinati e/o salati se il trattamento praticato non garantisce la distruzione delle larve di nematodi. Tale obbligo era già stabilito in Italia dall’Ordinanza del Ministero della Sanità 12 maggio 1992, e poi dal capitolo IV, paragrafo V, del DLgs n. 531/1992 attuativo della Direttiva 91/493/CEE. Si ha esenzione dal trattamento solamente su autorizzazione dell’autorità competente nel caso in cui la zona di pesca d’origine, secondo i dati epidemiologici disponibili, non presenti rischi sanitari da presenza di parassiti, non è il caso del Mar Mediterraneo, ove i parassiti del genere Anisakis e più in generale della famiglia Anisakidae risultano presenti con tassi anche elevati in numerose specie. In pratica, quindi, il ristoratore, lo chef e il gastronomo sono tenuti a congelare il pesce costituente la materia prima per le proprie preparazioni destinate al consumo a crudo, o alternativamente congelare il prodotto finito pronto per la somministrazione. Il congelamento non è necessario per la preparazione di acciughe salate secondo l’uso mediterraneo, perché il cloruro di sodio sia utilizzato in quantità elevata e per un periodo di trattamento superiore a un mese. Per la devitalizzazione delle larve sono considerati sufficienti valori di concentrazione salina (NaCl) superiore al 15% per almeno 28 giorni, anche se c’è chi ritiene efficace l’8% di NaCl per almeno 7 giorni. In alternativa si può ricorrere anche ad un trattamento termico a temperatura superiore a +65°C per almeno 10 minuti. Va detto poi che il pesce crudo sottoposto a preventivo congelamento a –20°C per almeno 24/48 ore dev’essere accompagnato da un’attestazione del produttore dalla quale risulti il trattamento. Si ritiene che tale attestazione possa essere anche riportata nell’etichettatura della confezione, ed è consigliabile conservarla per un congruo periodo di tempo dopo il consumo, a disposizione per accertamenti eventualmente necessari (per esempio, in caso di malattia causata da parassiti). È esentato dall’attestazione il ristoratore che somministra il prodotto sottoposto al trattamento ai propri clienti (consumatori finali). Il rischio di presenza di parassiti deve essere individuato, da parte degli operatori della ristorazione che intendono somministrare pesce crudo, nelle procedure basate sul sistema HACCP previste dall’Art. 5 del Regolamento (CE) n. 852/2004. Per controllare il rischio è necessario applicare, come si è visto, l’azione preventiva del congelamento, e tale fase è individuabile come punto critico di controllo (CCP); i limiti critici sono rappresentati dai valori di temperatura e tempo citati: –20°C, 24/48 ore. Si ritiene che non sia indispensabile procedere a misurazione della temperatura, come monitoraggio, ogni volta che si congela il pesce: infatti, è sufficiente impostare l’abbattitore di temperatura, o un congelatore dedicato, ad un valore costante non superiore a –20°C, ed effettuare prove periodiche di verifica, con termometro tarato, allo scopo di valutare se l’apparecchiatura sia in grado di garantire il mantenimento di tale condizione. Dovrà quindi essere documentata tale attività di verifica dell’apparecchiatura. La somministrazione di pesce crudo non sottoposto al trattamento di cui sopra corrisponde al mancato rispetto dei “requisiti relativi ai parassiti” di cui all’Allegato III, sezione VIII, capitolo III, lettera D, del Regolamento (CE) n. 853/2004, in violazione dell’Art. 4, par. II, del Regolamento (CE) n. 852/2004. Tale violazione è prevista e sanzionata dall’Art. 6, comma 5, del Decreto Legislativo n. 193/2007: sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000, con facoltà di pagare in misura ridotta la somma di euro 2.000 secondo la procedura di cui alla Legge n. 689/1981. La mancanza di specifica procedura, sebbene in presenza di procedure basate sul sistema HACCP per le altre fasi, può essere ritenuta un’inadeguatezza e assoggettata al regime sanzionatorio di cui all’art. 6, che prevede la prescrizione con assegnazione di un congruo termine per l’esecuzione e la sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 6.000 (in misura ridotta: euro 2.000) in caso di mancata esecuzione accertata mediante successiva verifica. La somministrazione di un alimento effettivamente invaso da parassiti integra la violazione dell’Art. 5, lettera d), della Legge 30 aprile 1962 n. 283 (vendita di alimento invaso da parassiti), punita dall’Art. 6 della stessa Legge con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da euro 30 a euro 30.987. Se i parassiti appartengono alle specie pericolose per l’uomo la violazione è quella dell’art. 444 del Codice Penale: chi detiene, distribuisce per la vendita o pone in vendita sostanze alimentari che, pur non essendo contraffatte o adulterate, risultano pericolose per la salute pubblica (come i pesci infestati da parassiti patogeni per l’uomo), è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, con possibile riduzione della pena da un terzo a un sesto se la violazione è stata commessa colposamente (fonti internet). Conclusioni Abbiamo visto che l’obbligo di surgelare/congelare il pesce esiste da più di 20 anni ed è regolato dalla comunità europea. L’intento è quello di garantire al cliente una soglia di sicurezza, la legge anche se con lieve entità punisce chi non vigila sulla qualità del prodotto e vieta la surgelazione sullo stesso se con aspetto visivo non accettabile e sicuro, il mio consiglio a tutti voi è di non abusare o non far finta di niente ma cerchiamo di sensibilizzare, ristoratori, chef e operatori nel settore. Non c’è da scherzare su tutto ciò. Questo mio intervento è mirato a migliorare la qualità del lavoro e la sicurezza e resto a vostra disposizione per eventuali chiarimenti e per fornirvi i più innovativi sistemi di sicurezza per elaborare prodotti marinati, affumicati e cotti temperature basse garantendo la massima sicurezza.
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